Qualche tempo fa mi è venuta l’idea di scrivere un post sul sessismo e sul femminismo sulla rete (ne avevo accennato qui), ma più studiavo l’argomento più il post diventava lungo, pieno di dati e difficile da seguire, quindi ho deciso di fare qualcosa di più. Ho deciso di partire dalle basi. Da dove scaturisce il sessismo? E perché lo giustifichiamo? Alla fine ho trovato le mie risposte nei media: internet, televisione, cinema ci mostrano sempre le stesse cose e le normalizzano. Molti di voi probabilmente pensaranno che sto esagerando, ma lascerò parlare le mie ricerche e i miei studi.
Piccolo Spazio Pubblicità, ma pieno di sessismo
- Il 53% delle tredicenni è insoddisfatto del loro corpo
- Questa percentuale sale al 78% all’età di 17 anni
- Il 65% delle donne e delle ragazze americane sono vittime di disturbi alimentari
- Il numero delle donne e delle ragazze che soffrono di depressione è duplicato negli ultimi dieci anni
- La percentuale delle persone che si sono sottoposte alla chirurgia estetica ha avuto un incremento dal 1997 del 457% (dati del 2007).
Conosco moltissime persone che dicono:”Io non mi faccio influenzare dalla pubblicità”, ma questa frase è profondamente ingenua, la pubblicità infatti, per la maggior parte, lavora con il subconscio e non si può fermare, si insinua dentro di noi senza il nostro controllo. Ma anche ammettendo che la pubblicità non ci influenzi, bisogna considerare che non sono solo gli adulti ad essere consumatori di pubblicità, ma anche bambini e ragazzi che decisamente non sono in grado di bypassare i messaggi che vengono proposti e questo è un grossissimo problema per le nuove generazioni.
Riuscite a pensare alla figura della donna nella pubblicità? Io ho individuato tre grandi trend nella pubblicità a seconda di chi si cerca di targhetizzare.
Ci sono le pubblicità destinate agli uomini e che puntano soprattutto sull’essere di successo, sugli uomini “potenti”, sulla leadership (esempi calzanti: pubblicità di liquori e automobili)
Ci sono le pubblicità destinate agli uomini e che usano il corpo della donna come incentivo (esempi calzanti: pubblicità delle birre o la pubblicità della Saratoga)
Ci sono poi le pubblicità destinate alle donne e che fanno sentire la donna uno schifo (esempi calzanti: pubblicità su prodotti per il corpo).
In ogni caso nessuno di queste tipologie di ads e pubblicità fanno bene alla figura della donna. Andiamo nel dettaglio e capirete perché.
Oggettificazione
Il primo problema della donna nelle pubblicità è l’oggettificazione, la donna diventa un oggetto. Come avviene questo processo? La risposta giusta è: in diversi modi.
- La donna diviene parte integrante di ciò che sta pubblicizzando (Es: diventa la bottiglia di Michelob)
- Spesso e volentieri nelle pubblicità si vede solo una parte del corpo delle donne, evitando volutamente di mostrarne la faccia (cioè la parte “umana” del corpo).
Questo tipo di oggettificazione è estremamente pericolosa, perché crea un clima di violenza contro le donne. Non è la pubblicità a fare questo, ma trasformare una donna in un oggetto significa deumanizzarla e in questo modo la violenza diventa, in qualche modo, giustificata: non sto “picchiando” una persona, ma sto prendendo a calci un oggetto.
Non ci credete? Fate il processo al contrario. Ci sono pochissimi giovani che sono cacciatori. E’ stato ipotizzato che i cartoni della Disney abbiano a che fare con questo nuovo trend: gli animali sono stati umanizzati e “l’uomo” che uccide la mamma di Bambi è ancora nella lista dei 100 personaggi più malvagi dei film.
Questo problema dell’oggettificazione diventa ancora più grave, perché c’è una forma di emulazione. Sembra, guardando la pubblicità, che le donne che usano il loro corpo siano di successo e piacciano, facendone un vero e proprio modello. Nella vita reale però le cose vanno in maniera diversa, le donne che usano il loro corpo come oggetto sono più inclini a soffrire di depressione, di disturbi alimentari, hanno meno confidenza e ambizione. Le “donne-oggetto” difficilmente voteranno, perché non credono di avere potere.
La perfezione
[cookie policy]
[/cookie policy]
Le donne sui cartelloni pubblicitari sono perfette. E quando dico perfette intendo che sono assolutamente perfette. Un tipo di perfezione assoluto che è impossibile da raggiungere.
Natasha Stefanenko disse che per avere un’aria acqua e sapone le ci vuole almeno un’ora di trucco.
La pubblicità mette uno standard che non potrà essere MAI raggiunto, perché le donne nelle pubblicità non esistono. Come Dove ci mostra nel suo video, uno dei primi video virali di Youtube, le modelle arrivano, vengono sistemate e truccate e poi arriva in soccorso Photoshop.
Capita spesso anche che la donna che vediamo nel cartellone pubblicitario sia in realtà formata da 4 donne diverse: le labbra di una modella, i capelli di un’altra, il corpo di una terza e la forma del viso di un’altra ancora.
Persino le star di Hollywood, già bellissime di loro, vengono modificate: Jessica Alba nella pubblicità della Campari appare più magra di quanto in realtà sia (e non la chiamerei grassa), Beyoncè per L’Oreal è stata letteralmente “schiarita”.
Il messaggio che accompagna queste immagini è chiaro e forte: sei non sei così, dovresti comprare i nostri prodotti e vergognarti. La donna che vediamo nelle pubblicità è bianca, spesso bionda, ha gli occhi chiari, è estremamente magra e non esiste veramente. Non solo questo crea degli effetti sull’autostima delle donne, ma crea degli effetti sugli uomini che giudicano molto più aggressivamente le donne normali.
Taglia Zero
Negli Stati Uniti esiste la taglia zero ed esiste la taglia “double zero”. C’è un solo commento che si può fare: che cazzo è la taglia zero?
La taglia zero è sintomo. Il problema sta da un’altra parte ed è sempre il solito: il problema è la rappresentazione delle donne. L’unica donna rappresentata dai media è magra. Questo però è ancora più grande nel mondo della moda e sui cartelloni pubblicitari.
Ana Carolina Reston (sopra) era una modella, è morta nel 2006 per anoressia, aveva 21 anni. Al tempo lavorava ancora come modella.
Luisel Ramos di anni ne aveva 22 ed è crollata dopo aver percorso la passerella. Sua sorella, Eliana, aveva 18 anni al tempo della morte, avvenuta nel 2007, un anno dopo la morte di Luisel.
Hila Elmalich è morta nel 2007, a 33 anni, pesava 27 chili.
Queste donne, magre quanto i prigionieri dei campi di concentramento, erano modelle, erano sui nostri giornali, sui nostri cartelloni pubblicitari, davanti agli occhi di uomini e donne, di ragazzi e ragazze e di bambini e bambine e non possiamo illuderci, queste immagini creano dei danni.
Siamo arrivati ai punti in cui i giornali di moda devono photoshoppare le modelle perché sono troppo magre.
Inoltre la scusa “questo è ciò che la gente vuole” non regge, perché quando Glamour Magazine ha pubblicato la foto di Lizzi Miller, taglia 12 (46 in Italia), la redazione del giornale è stata invasa da mail di donne ENTUSIASTE della scelta.
Ma non ci sono solo le foto che creano problemi, ma anche il messaggio che le accompagna. Ogni volta che accendo la televisione, riesco sempre a capitare davanti ad una pubblicità di pillole dimagranti. Per vostra informazione: non solo le pillole dimagranti sono pericolose, ma non funzionano, nessun tipo di pillole dimagranti funziona.
Questa ossessione per la magrezza, spinta da ogni parte, porta le donne ad odiare il proprio corpo e a non essere mai contente. Ma, in questo settore, stiamo arrivando tragicamente alla parità dei sessi, perché sempre più uomini sono scontenti del loro corpo e diventano vittime di disturbi alimentari.
E il rapporto tra donne e cibo nelle pubblicità è sempre più strano, è diventato sessuale.
“Fate l’amore con il sapore” (Yogurt Muller)
“E’ un piacere che potete concedervi sempre” (Togo)
“Non è questa la vera tentazione?” (Magnum)
Praticamente il cibo non è più una necessità, ma è diventato sempre di più una questione morale ed ha sostituito il sesso. Mangiare ci fa sentire colpevoli, perché siamo sempre a dieta, e gli spot cambiano e diventano sensuali.
65% delle donne americane soffre di disturbi alimentari. E’ davvero così difficile capire come mai?
Il sesso vende sempre
Il sesso vende ogni cosa ed è ovunque, ma a differenza di quello che alcuni possono pensare non è né una cosa positiva né un qualcosa che libera le donne.
La nostra cultura mediatica si basa sul sesso che non solo diventa sempre più esplicito, ma diventa anche a portata di tutti, anche dei bambini. Quello che manca però è un’educazione sessuale seria.
E’ bene parlare e normalizzare il sesso, ma il messaggio che ci viene trasmesso dai media è ovviamente incompleto (soprattutto nelle pubblicità per forza di cose).
Negli Stati Uniti l’età media del primo rapporto sessuale è scesa a 14 anni ed è il primo paese sviluppato per il numero di adolescenti incinte (tornerò a parlare di questo nella parte dedicata alla televisione, visto l’esistenza del programma “16 & Pregnant” e del suo sequel “Teen Mom”).
In Italia la situazione non è ancora così grave, ma quanti anni ci vorranno senza un serio programma di educazione sessuale da fare nelle scuole? Il mio liceo organizzò una lezione di due ore di educazione sessuale in terza superiore: troppo poco e troppo tardi. Inoltre non basta parlare dell’atto fisico e di nomi tecnici, bisognerebbe discutere anche di emotività e intimità.
La pubblicità della Lee è semplicemente terrificante. Ed è stata successivamente ritirata dopo moltissime polemiche
Nella foto la modella si dimostra sensuale (e non credo che la forma del gelato sia stata scelta a caso), ma ci sono alcuni elementi che chiaramente stridono con questa immagine. La modella infatti indossa calzettoni, mangia il gelato e persino i jeans, che arrivano poco sopra le ginocchia, ricreano un’immagine di bambina. Il fotografo che appare nello specchio aggiunge quel tocco pedopornografico che va rabbrividire..
Questa campagna della Lee è stata ritirata, ma la figura della Lolita è molto usata nelle pubblicità ai giorni nostri. Come saprete la donna sopra i 40 anni nei media non esiste, ma è ancora più preoccupante questo trend in cui le ragazze devono essere provoncanti e innocenti allo stesso tempo.
C’è qualcosa di peggio della pubblicità della Lee? Certo, quella della Dolce & Gabbana
Un altro problema nel rappresentare il sesso nelle pubblicità è che le donne sono sempre estremamente passive. La campagna pubblicitaria, che è stata dopo varie polemiche ritirata, di Dolce e Gabbana ne è un esempio lampante. Prima di ritirare la campagna, Dolce e Gabbana hanno dichiarato che cercavano di creare un “gioco di seduzione”. Chiaramente moltissimi, tra cui anche Amnesty International, non erano d’accordo con questa visione.
Una donna tenuta a terra da un ragazzo, mentre ce ne sono altri tre che stanno in giro a guardare? Chi diavolo ha pensato che fosse una buona idea?
Ma il vero problema è che questa campagna di Dolce & Gabbana non è l’eccezione, ma la regola: ero piena di immagini da usare come esempio che ho deciso di creare direttamente una gallery (che trovate qui sotto).
Ma per quanto riguarda “immagini che fanno rabbrividire”, la palma d’oro va a Duncan Quinn voleva sponsorizzare… ecco, non ne sono sicura… credo i vestiti comunque.
Non c’è niente, in queste foto o in quelle qua sotto, che aiuta la donne ad avere più autostima o più confidenza. Questi ads comunicano qualcosa effettivamente, ma non cose positive: gridano violenza, stupro, puntano sulla figura della Lolita, nel migliore dei casi, questi ads sensuali, rendono la donna un oggetto (e in questo caso vi rimando al paragrafo riguardante l’oggettificazione del corpo femminile). Il sesso, usato in questo modo, non dà potere alle donne, ma in realtà viene usato proprio per sottometterle, l’uomo è sempre in una posizione di potere. E come questo può aiutare le donne? E questi ads come vengono percepiti da bambini e ragazzi? Non c’è neanche la possibilità di evitarli, sono nelle nostre strade. Qualche tempo fa Federica Piersimoni, una blogger che conosco via “twitter”, ha scritto un post sul suo blog: Tieni alta l’immagine della tua città.
In quel post Federica parlava di una pubblicità che aveva visto nel centro di Rimini. Titanka è un’agenzia di web-company e per pubblicizzare i suoi servizi di web-marketing ha deciso che non c’era modo migliore che usare il culo di una donna.
Federica, e molti altri con lei, hanno segnalato questa pubblicità all’IAP che è l’istituto dell’Autodisciplina pubblicitaria. Ma bisognerebbe farlo sempre. Ogni volta. Dovremmo ribellarci, ma a volte sembra una battaglia contro i mulini a vento.
Conclusioni
Cercare “Sexist ads” su Google Immagini mi ha fatto passare una serata. Insieme a me, in chat, c’era Jessica (colei che ha creato i banner per questo articolo) e ogni tanto facevamo questo giochino: indovina questa immagine cosa pubblicizza. La maggior parte delle volte non riuscivamo a capirlo.
Tra le varie pubblicità che sono venute fuori, molte erano di vecchia data, ma le cose non sembrano cambiate così tanto se ci fa attenzione: le battute sulle donne in cucina, sull’abilità al volante (ricordo che le assicurazioni hanno tariffe agevolate per le donne, perché hanno meno incidenti), sul connubio tra innocenza e sensualità sono presenti tutt’oggi.
La pubblicità di Duncan Quinn è meglio o peggio della pubblicità del marito che sculaccia la moglie? L’ads che recita “Blow in her face” è meglio della pubblicità del Burger King? Cos’è cambiato? E poi, così allora come adesso, ci sono quelle pubblicità in cui si capisce che noi non valiamo niente, se non siamo belle (Molti uomini chiedono:”E’ carina?” e non “E’ intelligente?”).
Siamo tanto abituati a certe immagini che ormai non le troviamo più offensive e non ci creano il ben che minimo stupore. Eppure siamo bombardati da queste immagini e come noi sono bombardati anche i più piccoli. A tal proposito vi segnalo un altro video della Dove che nel frangente è sempre stata coerente (le modelle Dove sono donne normali di dimenzioni reali).
[cookie policy]
[/cookie policy]
“Parla a tua figlia prima che lo faccia l’industria della bellezza”, perché altrimenti le conseguenze possono essere disastrose. Nelle isole Fiji la televisione ha fatto il suo ingresso nel 1995 e da allora i disturbi alimentari tra le adolescenti sono in costante aumento. Siamo una società, al momento, dove negli ospedali britannici sono ricoverate 2100 ragazze sotto i sedici anni per disturbi alimentari, di queste 98 sono bambine dai cinque ai sette anni. Dobbiamo parlare ai bambini e alle bambine e spiegar loro che quello che vedono sui cartelloni pubblicitari non è reale e che le donne non sono oggetti, ma persone e come tali vanno rispettate.
E’ importante capire che anche i maschi sono vittime del sessismo. Fin da bambini i maschi sono abituati a comportarsi in un certo modo, le pubblicità dicono ai bambini di essere forti, di essere pieni di potere, di commandare, di combattere, di essere aggressivi… non c’è una spazio per sensibilità o cura, perché quelle sono “cose da femmine” ed è sbagliatissimo, perché è giusto, è normale essere emotivi e la sensibilità va coltivata, non c’è niente di femminile in questo, abbiamo tutti differenti emozioni.
Nelle pubblicità destinate ai più piccoli c’è già un taglio ben definito tra bambini e bambine: i bambini sono quelli che costruiscano e fanno giochi scatenati, le bambine hanno il forno delle meraviglie e le Barbie (che spesso con sé portano trucchi e accessori per le bambine stesse, creando fin da piccole l’ossessione alla bellezza). Nessun vede niente di male se una bambina gioca con il superliquidator, ma un bambino che gioca con le bambole? Difficilissimo.
Eppure i bambini molto piccoli non hanno differenze di grosso rilievo, è la società che ci divide in maniera netta.
Da pochi giorni la Lego ha creato un lego speciale per bambine: è rosa ed è facilitato rispetto al lego normale. Cosa vogliono dirci? Peccato, perché la Lego negli anni 70 aveva fatto una gran bella campagna pubblicitaria (questa qui) e ora invece fa 40 passi indietro.
Le bambine crescono e si trasformano in adolescenti e i problemi non cambiano. Sono moltissime le ragazze che si sottopongo alla chirurgia estetica prima dei 20 anni, specialmente per rifare il seno. Il seno che è uno strumento di piacere femminile dopo l’operazione perde di sensibilità e diventa un oggetto per il piacere altrui.
Per le donne è tutta una questione di apparenza, sembra non ci sia altro per noi.
O di stereotipi. Le pubblicità delle lavatrici, delle lavastoviglie, della pulizia della casa sono tutte incentrate sulle donne, eppure anche gli uomini dovranno lavare i panni e sistemare casa, no? Perché non cambiamo anche questo tipo di messaggio? O ancora peggio: siamo rappresentate come vindicative, approfittatrici, stronze, bionde e stupide…
Potrei dire ancora molto su questo argomento (dall’oggettificazione maschile al ruolo delle lesbiche nella pubblicità), ma credo di aver scritto abbastanza e c’è altro di cui parlare anche nei prossimi post. Se volete approfondire l’argomento vi consiglio di controllare il documentario di Jean Kilbourne, “Killing us softly” che potete trovare su Youtube (Prima parte, Seconda parte). “Killing Us Softly” è un progetto nato nel 1979 e da allora ci sono state 4 versione (1987, 2000 e l’ultima nel 2010), la maggior parte dei miei dati arriva proprio da questo documentario. Un’altra mia fonte di ispirazione sono stati i video di Feminist Frequency.