Questo è un post diverso dal solito, siate avvisati. Questa volta ho deciso di fare qualcosa di diverso e di partecipare al concorso di DMag sulla “Colazione ideale”, perché si tratta un po’ di una sfida e anche perché potrei vincere una Smartbox, che non fa mai male. In più questo post vi da la possibilità di conoscermi un po’ meglio e di trovarmi ancora più adorabile di quello che sono, anche se scoprirete che ho l’appetito di un Saiyan. Buona lettura!
Non sono una persona da colazione. La mattina mi piace dormire fino all’ultimo minuto possibile e la mia colazione diventa una tazza di thè caldo d’inverno, un bicchiere di thè freddo d’estate. Non bevo neanche caffè, no, mi fa star male.
La mia colazione diventa uno spuntino di metà mattina, durante la pausa bar. Per me è sempre stato così. Quando ancora andavo alle elementari, mi ricordo mia nonna che mi pregava di mangiare qualcosa e alla fine, rassegnata, mi metteva nello zaino una merendina e un succo che avrei mangiato durante la ricreazione a scuola. Certe volte mia madre, che lavorava in centro, mi comprava da portare a scuola la “Panarellina”, un dolce tipico genovese creato dalla Pasticceria Panarello con la crema e lo zucchero a velo sopra, i giorni in cui avevo la panarellina erano sempre i più felici.
Poi ho cominciato a crescere e sono arrivata alle scuole medie. I miei genitori decisero di rendermi indipendente e cominciarono a darmi la paghetta, diecimila lire a settimana. “Ti ci puoi comprare la merenda – mi disse mio padre – o quello che vuoi”. Dissi addio alle merendine e cominciai ad andare a comprarmi ciò che volevo, cambiando menù di giorno in giorno. La mattina arrivavo davanti alla scuola un quarto d’ora prima che suonasse la campanella, quando ancora non c’era nessuno, così passavo il mio tempo andando a cercare la mia colazione. La maggior parte delle volte finivo al panificio e questo, per me che sono Genovese, significava una cosa sola: focaccia. A volte però andavo al bar e prendevo un pacchetto di patatine piuttosto che una barretta di cioccolato. Mai roba che fosse sana, ovviamente, ma a dodici anni te lo puoi permettere.
Finite le scuole medie, mi iscrissi al liceo scientifico e le cose non cambiarono molto. Continuavo a svegliarmi tardi per dormire fino all’ultimo e la colazione non era una mia priorità, ma anche in questo caso davanti a scuola avevamo il panificio e scoprii il connubio “focaccia+estathè” che costava 1,50 euro. Meraviglioso.
Certe volte però capitava che l’autobus fosse in ritardo e che non ci fosse tempo per la pausa panificio, fortunatamente qui ci veniva in soccorso il mitico Tony.
La figura di Tony è leggendaria nella mia scuola. Alle 10.50 suonava la campanella della ricreazione e Tony era già pronto, al secondo piano in una specie di sgabuzzino, a servire pizzette, focaccia al formaggio, toast, tramezzini, briosches… Il Mitico Tony mi ha salvato in più di un’occasione, inoltre mi ha anche insegnato come sopravvivere ad una folla di ragazzi urlanti che neanche i Beatles nei tempi migliori, voi non avete idea di come siano pericolosi degli adolescenti affamati, ho visto amicizie finire per colpa di Tony e di “mi sei passato davanti, str**zo!”.
(Per la verità mi sorprende il fatto che nessuno sia mai stato male dopo aver mangiato qualcosa da Tony. Non so se adesso riuscirei a digerire uno dei suoi tramezzini).
Nella vita di tutti i giorni sono così, la colazione è una cosa che mi si mette in mezzo tra me e il letto e nessuno può dividerci. Io a letto sono una grande, potrei dormire per giorni interi (citazione necessaria). In vacanza però le cose cambiano. Svegliarmi presto non è un problema, quando l’albergo dove risiedi ti offre una colazione a buffet. Perché c’è una cosa sola che riesco a fare meglio che dormire e quella cosa è mangiare. E visto che stiamo parlando di colazioni ideali e da ricordo, be’ parliamone.
Tutto è iniziato in quinta elementare, quando, per la prima volta, ho provato la colazione all’inglese. Per un fortuito caso di allineamento di pianeti, il mio preside era sposato con una donna italiana che insegnava italianjo in Scozia e si decise di fare uno scambio culturale tra le due scuole, questo mi permise di andare in gita scolastica ad Edimburgo (le mie altre gite scolastiche alle elementari: la centrale del latte e i forti di Genova).
Ad Edimburgo alloggiavo in un dormitorio che ci offriva la colazione a buffet in stile self-service. Non ricordo molto di quella gita, avevo solo dieci anni, ma mi ricordo molto bene le mie colazioni, per me era qualcosa di nuovo, mai visto prima. Ogni mattina cominciava con il vassoio rosso che slittava sulla base in acciaio.La prima tappa era dedicata ai cereali e al latte, entrambi erano disponibili in mono-porzioni e per me questa era una cosa incredibile: esistevano delle confenzioni di cornflackes mini? Veramente esistevano così tanti tipi diversi di cereali? Ero nel futuro forse? Nel 1995 in Italia non c’era ancora la scelta di prodotti di adesso.
Dopo i cereali era il momento dei cibi caldi che dovevano essere ordinati alla cuoca. In quinta elementare il mio inglese si limitava a “Hello, my name is Elisa” e “the pen is on the table”, ma in qualche modo avevo subito capito come dire “bacon” e “two sausages”.
L’ultima parte del Self-service era anche la mia preferita: prima di tutto prendevo il ketchup con cui avrei condito le mie due salsiccie, poi il panino, a questo punto un paio di fette di pane tostato e le marmellatine, anche queste in mono-dose, da spalmarci sopra e il succo di arancia, perché non si può mica fare colazione all’inglese senza succo di arancia!
Rimasi assolutamente entusiasta della colazione all’inglese.
Flashforward di qualche anno. Sono in seconda liceo e sono in gita scolastica a Vienna. Dopo anni di attesa, mi trovo di nuovo di fronte ad una colazione a buffet, ma con un inghippo: se non si arriva presto in sala da pranzo, rischi di perdere qualcosa, le torte per esempio. Non esiste. Non sapete con chi avete a che fare! Metto la sveglia mezz’ora prima del previsto, costringo le mie compagne di stanza a svegliarsi prima insieme a me. L’appuntamento per la colazione è alle otto. Alle otto meno venti io sono vestita e pronta per mangiare.
La mia colazione tipo a Vienna era leggera: un panino con prosciutto e formaggio, un paio di panini con la marmellata, ma senza burro perché non voglio mica ingrassare, e quattro tipi di torta diversi, perché se c’è una cosa che gli austriaci sanno fare sono i dolci e bisogna render loro onore.
Di gite scolastiche alle scuole superiori ne ho fatte moltissime, ho girato mezza Europa su un autobus insieme ai miei compagni di classe e di colazioni ce ne sono state tantissime. Il titolo di “Migliore colazione” va alla Croazia, ovviamente si trattava anche in questo caso di colazione a buffet ed era, credetemi, un buffet infinito, mai vista così tanta roba tutta insieme. Il titolo di “Peggiore colazione” invece va a Lido di Jesolo, dove l’unica scelta data era tra thè, caffè o cioccolata calda: terribile!
Nonostante tutto la mia esperienza di viaggiatrice non si è limitata alle gite scolastiche del liceo e questo non solo mi ha portato a vedere dei posti incredibili, ma anche a scoprire colazioni fantastiche. A questo punto devo parlarvi della colazione che mi è stata servita in un piccolo Bed & Breakfast di Inverness, in Scozia. Il posto non era un granché, le lenzuola del letto dovevano aver vissuto tempi migliori, ma questo B&B aveva una particolarità: serviva la vera colazione scozzese. La colazione che oggi viene servita negli alberghi e nei Bed & Breakfast scozzesi è del tutto simile a quella inglese, ma in realtà la colazione scozzese originale differisce in alcune cose da quella inglese. Cosa c’è nella colazione scozzese originale?
- Porridge di avena
- Aringa affumicata
- Black & White Pudding, che in questo caso non significa “budino”, ma sanguinaccio
- Il famoso Haggis, una pietanza tipica scozzese fatta con le interiora di pecore
- Funghi, salsiccia, uova, fagioli… il resto è da tipica colazione inglese
Il proprietario del B&B era un vero personaggio e, siccome parlavo bene l’inglese a questo punto, mi minacciava quando mi rifiutavo di mangiare qualcosa. “Guarda che mi arrabbio se non assaggi l’haggins”. A me piace provare, ma l’haggins non era una cosa che mi stuzzicasse l’appetito, ma sono contenta di averlo provato, alla fine sono riuscita a scoprire che era veramente buono. Non l’avrei mai detto.
Un’altra colazione che merita una nota in questo post che sta diventando estremamente lungo è quella che mi è stata servita in Francia, a Le Lavandou. Ma in questo caso lascio parlare direttamente le foto…
Non è facile dare una definizione alla colazione ideale. Ci sono cose che aiutano: svegliarsi la mattina e trovare la Nutella sul tavolo mi mette subito di buon umore, avere a disposizione un buffet mi rende felice e il thè è essenziale per me. Ma ci sono moltissime cose che mi piacciono e ci sono moltissime cose che ancora non so se mi piacciono, ma che voglio provare. Ma bisogna ricordare che la colazione ideale ha il contorno di un viaggio e di amici fidati.