Choosy è la parola della settimana, grazie ad un’esclamazione poco felice del ministro Fornero. Molte persone hanno già detto la loro e io ho avuto un paio di confronti su Twitter con Alybio e Roberta Milano. La cosa bella di Twitter è che, sebbene di opinioni diverse, i nostri dibattiti sono stati all’insegna del rispetto reciproco e dell’educazione: siamo stati la dimostrazione vivente che si può discutere civilmente. La cosa brutta di Twitter è che, sebbene sia nato un dibattito, i caratteri a disposizione finiscono preso e quindi non sono stata in grado di offrire la mia opinione completa. Poi ho pensato: “Ehi, ma io ho un blog!” e quindi eccomi qui. Ve lo dico subito, per me l’affermazione della Fornero è molto, molto infelice e con il mio post voglio spiegarvi perché la trovo offensiva.
Non mi piace l’ipocrisia
La Fornero ha una figlia, Silvia DeAglio: la dottoressa DeAglio ha un posto fisso all’università di Torino. Guarda caso, per pura coincidenza, all’università di Torino ci lavora anche il padre, Mario DeAglio. Inoltre è anche responsabile di ricerca HuGeF che risponde alla Compagnia SanPaolo. Oltre a questo Silvia DeAglio ha anche parecchie ricerche che sono state finanziate dalla stessa Compagnia SanPaolo. Anche in questo caso c’è una buffa coincidenza, perché la vicepresidente di Compagnia SanPaolo era la stessa Fornero.
Con tutto il rispetto per la dottoressa DeAglio, che ha un gran curriculum e sicuramente delle ottime referenze, mi potete spiegare come fa la Fornero a dirmi di andarmene di casa e di non essere choosy? Questa si chiama ipocrisia. A me non piacciono le persone ipocrite. Sfortuna vuole infatti, che io non abbia assolutamente nessuno in famiglia che abbia una fondazione qualunque da farmi dirigere.
Non c’è niente di male ad essere “Choosy”
Ho finito la scuola nel 2005 e da allora ho sempre lavorato. Non ho fatto la choosy: ho cominciato con un lavoretto a tempo determinato di inserimento dati, poi ho provato l’ebbrezza di avere una mia società ed erano più i mesi che non prendevo lo stipendio che quelli che lo prendevo, quindi ho fatto il servizio civile, un po’ di lavoro in nero e ho lavorato anche in un supermercato (un’esperienza che per me è stata un incubo, grazie al caporeparto ed una pessima gestione del personale), nel mentre ho anche frequentato l’università. Quando l’anno scorso, per la prima volta, non ho trovato niente, ho deciso di fare un corso di formazione che mi ha portato a capire cosa voglio fare davvero nella mia vita e ora sto lottando per la mia carriera: un passo alla volta.
Insomma ho avuto da fare durante questi 7 anni.
Durante la mia carriera ho cercato di perfezionarmi nel mio settore, perché io ho sempre voluto “lavorare con i computer” e ho lavorato per questo obiettivo. E’ così orribile pensare che io voglia una carriera che mi soddisfi? E’ così orribile cercare un lavoro che mi aiuti a costruirmi la carriera che voglio? Di tutte le esperienze elecante sopra, l’unica che non mi è servita per ciò che voglio fare è quella al supermercato ed è stato orribile. Quando, alla fine del mese di contratto, ho deciso di licenziarmi, mi sono sentita sollevata, felice come una bambina. I problemi del supermercato erano evidenti, ma c’era anche il fatto che non era quello che volevo fare e gli ho preferito un corso di formazione, nonostante il supermercato pagasse più che bene. Ora ho in corso una collaborazione con Siks e mi trovo benissimo: i miei capi sono ottime persone, vado d’accordo con i miei colleghi e sapete una cosa? Sono brava nel mio lavoro. Ed è per questo che ho una marea di referenze. E al supermercato non ci tornerei neanche se mi pagassero a peso d’oro.
Ci sono un’altra valanghe di ragioni di essere choosy: essere in nero, non accettare lavori gratis, avere un capo stronzo o un collega pazzo… La verità fondamentale è che noi, giovani choosy, non vedremo mai la pensione e non vale la pena di essere sfruttati o di essere infelici, almeno finché potete (perché arriverà un giorno in cui questo discorso non potrà più essere applicato) siate choosy. Altrimenti andate all’estero, perché è come dice Riccardo Esposito.
Dobbiamo cambiare la società
Il vero problema non è essere choosy. Il vero problema è che la società è da cambiare, perché così continua a non funzionare. Il Governo Monti è un governo formato da banchieri che cerca di salvare le banche, ma in questo momento non si rendono conto che sono le persone quelle che hanno bisogno di essere aiutate. Non sono una che di economia se ne intende, ma permettetemi di fare un ragionamento. La crisi del 1929 fu risolta da Roosevelt con il New Deal: il presidente americano diede lavoro a quelle persone che il lavoro l’avevano perso e che, con un lavoro, potevano tornare a comprare e quindi l’economia venne rimessa in moto. E’ quello che sta facendo il presidente Obama negli Stati Uniti e il cui risultato è un aumento dell’occupazione e il salvataggio dell’industria dell’auto di Detroit.
Ciò che ci serve al momento non è il rigore, non si può aumentare di nuovo l’iva (che già è una delle più alte d’Europa, come la nostra pressione fiscale) e aspettare che le cose migliorino. Non può sempre funzionare così. Bisogna investire, bisogna creare nuova occupazione e bisogna farlo bene: aiutiamo le idee giuste, incrementiamo la tecnologia, diamo più risorse alla cultura, aiutiamo le piccole imprese invece di tassarle ancora. Tutto questo porterà nuove occupazioni e nuovi soldi nelle casse dello stato.
Inoltre ho come l’impressione che, con la scusa della crisi e dell’Europa che ci fa pressioni, la nostra classe politica se ne stia approfittando per toglierci dei diritti. Com’è che l’articolo 18 lo si doveva cambiare assolutamente, ma i riconoscimenti alle coppie gay invece non li facciamo? Eppure l’Europa ci sta chiedendo anche quello. A prescindere che in una democrazia non dovrebbero esserci cittadini di seconda fascia e sarebbe solo un sacrosanto dovere avere i matrimoni gay anche in Italia, parliamo dell’introito economico: a New York i matrimoni gay hanno fruttato 250 milioni di dollari.
I costi della politica sono l’unica cosa che ha bisogno di un taglio vero, perché spesso se ne è parlato ma poco s’è fatto. E’ possibile che mia madre non può avere due buoni pasto alla settimana da dieci euro (tagliati a sette) e invece quattro consiglieri liguri regionali possono richiedere un rimborso spese di 500 euro per un pranzo (questa è una recente “True Story”)? Inutile specificare che lo stipendio di mia madre non è neanche un decimo di quello dei consiglieri regionali.
E infine: dobbiamo lavorare di meno, non di più. Lavoriamo già troppo. A me viene l’ansia certe volte, quando penso al mio futuro. Un giorno mi piacerebbe avere una famiglia e mi piacerebbe essere presente per i miei figli, ma come si può fare? Come posso avere un lavoro e al tempo stesso essere un genitore? Non possiamo vivere di solo lavoro, neanche se è il lavoro della nostra vita, perché ci sono cose più importanti. Lavorando di meno, lavoriamo di più. Pensiamoci.