Si dice che l’importante è che se ne parli. E allora parliamone.
Qualche settimana fa una pagina Facebook di un ecommerce di moda ha pubblicato un’immagine di una donna, di cui non si vedeva la faccia, sdraiata a terra, con i pantaloncini abbassati. L’immagine in condizioni normali sarebbe stata di pessimo gusto, ma il tempismo è stato ancora peggio: l’immagine è apparsa giusto qualche giorno dopo la morte di Vania Vannucchi, la donna toscana che è stata data alle fiamme da un ex amante. Per questo il post di Facebook in questione è stato travolto dalle critiche, come era giusto che fosse.

Ogni volta che c’è un focolaio di proteste di questo tipo, succede sempre che qualcuno posti il problema su uno dei gruppi dedicati al Web Marketing che frequento. In questo particolare caso, se non ricordo male, ho visto il post in questione sia su Social Media Marketing Italia che su Fatti di Social. Inoltre di questa foto si è parlato anche sulla pagina Facebook “Roba da Grafici“. Sono state molte le persone che, commentando l’accaduto, hanno detto che in fondo era positivo. Se ne stava parlando, d’altra parte. Erano diventati virali! Non è il sacro graal che tutti ricerchiamo, diventare virali?
Qualcuno si è anche spinto a dire che sono stati bravissimi, perché hanno intercettato il loro target: le donne!
Peccato che le donne fossero incazzate come biscie.
Ed è qua che mi è partito l’embolo, portandomi a scrivere un post su Facebook sul successo intramontabile del fenomeno “L’importante è che se ne parli”.

Il marketing dell'importante è che se ne parli
L’ho presa bene

Nel 2016 non si può proprio più dire che l’importante è che se ne parli. Non può più esistere l’espressione. Non è solo una questione di commenti negativi sui social. Anni fa avevo scritto un post sulla nuova consapevolezza del consumatore che si informa prima di comprare. Il consumatore è sempre più informato e compra dove crede che i suoi valori siano meglio rappresentati.
Il fatto è questo: della viralità, dei like, della reach, dei followers e dei cuoricini ce ne possiamo fregare. Ciò che conta è il ROI, il famoso e terribile Return of Investment. Il return of Investiment lo fanno i clienti, i consumatori. Che ROI potranno fare una serie di donne che commentano un post con “Vergogna!”?

E se vi dicessi che comunque l’importante è che se ne parli non funziona bene neanche con la SEO e con gli algoritmi di Facebook? Boom! Mind Blown!
Sempre più spesso quando si parla di SEO si parla di Schema.org, dei rich snippet, delle stelline che accompagnano i nostri post, le nostre ricette, i nostri prodotti ecommerce: le stelline hanno un alto tasso di CTR. Non posso confermare che le stelline siano ufficialmente un fattore di ranking per i motori di ricerca, ma stanno sicuramente diventando sempre più importanti.
Sto anche iniziando a studiare la Social SEO su Facebook e una delle cose che so con certezza è che uno dei fattori di ranking di Facebook sono proprio le stelline delle recensioni: più le recensioni sono positive più la mia pagina salirà. Per ora questa è una cosa che funziona soprattutto con i business locali tipo ristoranti e bar ma è indubbio per me che le recensioni avranno sempre più un impatto sulla nostra vita online.
Spero che almeno questo chiuda per sempre la discussione sull’importante è che se ne parli. Perché L’importante è che se ne parli… bene.

Ah prima che mi dimentichi: la foto, terribile, quella che ha scatenato tutto questo dibattito, doveva tecnicamente pubblicizzare un paio di scarpe. A due settimane di distanza dalla pubblicazione della foto non ho dimenticato l’immagine né il disgusto che mi ha provocato ma già non mi ricordo né il nome dell’ecommerce (non ho voluto inserirlo appositamente nel post) né il produttore delle scarpe. Proprio un gran bel ROI.