Ho aggiornato il sito. Ci ho messo due anni a farlo, ma ce l’ho finalmente fatta. Non lo nego: è pieno zeppo di errori grossolani. Da professionista di Digital Marketing è da mettersi le mani nei capelli. Il mio compito è trovare gli errori sui siti web e credetemi: so che il mio è pieno di magagne. Ci sono pagine doppie che andrebbero redirette. Ci sono cose che non funzionano come dovrebbero. L’above-the-fold in homepage è troppo e non dice nulla di ciò che faccio. Eppure ho voluto pubblicare lo stesso.
Fatto è meglio che perfetto.
Questa è una cosa che ripeto spesso ai miei colleghi grafici. “Dai, non state a guardare al pixel. Va bene. Basta che pubblichiamo” e loro mi guardano stralunati meditando come uccidermi nel sonno. Nella realtà dei fatti io in primis sono una di quelle persone molto precise che puntano constantemente alla perfezione. Per questo il mio sito è rimasto un blog per anni. Per questo il mio blog è fermo da due anni. C’è da dire che molti dei miei articoli, nonostante siano vecchi, sono ancora buoni punti di riferimento. Sono articoli che, anche se risalgono a tre o quattro anni fa, potrei tranquillamente condividere oggi. In parte perché l’Italia è ancora molto indietro sulle tematiche digitali e mi tocca ancora spiegare che no, un profilo Facebook non può sostituire una pagina Facebobok.
Cosa è cambiato dunque? Cosa mi ha spinto a pubblicare un sito che è la cosa più lontana dalla perfezione che esista?
Non lo so di preciso. Era arrivato il momento, credo.
Forse sono più solida nelle mie competenze di quanto non lo fossi prima e quindi posso spingermi a pubblicare un sito che non è perfetto ed esserne comunque contenta.
Il 2019 è stato un anno che, professionalmente, è stato davvero intenso. Ho interrotto collaborazioni di lunga data perché avevo bisogno di crescere. Ho iniziato nuove collaborazioni e ho affrontato nuove sfide. Ho imparato tantissimo. Ho iniziato a maneggiare clienti più importanti, più grandi. E c’è stato anche Brief in Genova. E sono anche andata in burnout. Perché è una cosa che capita e io non ho mai tentanto di nascondere le mie difficoltà. Anche un burnout però può avere una serie di risvolti positivi. Ho imparato a scusarmi e chiedere aiuto.
Immagino che vi stiate chiedendo se io sia impazzita. Ha senso scrivere tutto questo in un post blog che dovrebbe promuovere il mio lavoro come consulente? Ha senso mostrarsi fragili quando si lavora nel marketing?
La risposta per me è un sonoro sì. Per tre motivi
- Sono prima una persona, poi un consulente
- Sono 7 anni che sottolineo quanto sia importante per i brand essere “umani”. Elisa “Acrossnowhere” Maffei è un brand ma anche un essere umano
- Credo che le difficoltà ci facciano diventare più forti e capaci
E poi c’è un’altra cosa. Perché il burnout dello scorso anno mi ha portato alla decisione di scegliere Google. Che significa che lavoro molto meno con i social. Non ci ho rinunciato totalmente (è impossibile non pensare ai social pensando alla strategia) ma ho ridotto il mio lavoro operativo, specialmente nel Social Advertising.
Credo che specializzarsi sia la scelta più giusta in un mondo che sta diventando immenso. Specializzarsi significa poter davvero lavorare meglio. E lavorare insieme.
E quindi: piacere, sono Elisa “Acrossnowhere” Maffei, sono una consulente di Digital Marketing specializzata in SEO e Google Ads. E sono sempre una nerd.
P.S. Comunque il sito lo aggiusto. Con calma.